MISFITS - fruitman inviato speciale a Berlino


Berlino – Venerdì 24 Febbraio, in uno dei tanti spazi adibiti alla musica dal vivo che offre la capitale tedesca, suonano i Misfits. Sono passati 30 anni dall'uscita del loro capolavoro, Wolk Among Us (1982, n.d.a.). Trent'anni di successi e di numerosi fan che hanno seguito la scia tracciata dai loro beniamini, un punk condito di horror e spettacolo. Perché la musica dal vivo è anche questo: spettacolo, intrattenimento. Lungi dal contemporaneo e noioso esibizionismo delle indie band che cavalcano il palco con la pretesa di sembrare i portatori dell'innovazione musicale; lungi anche dall'esoso entertainement delle Pop-star.
Il “palcoscenico” era tripartito: piattaforma decorata a sembrare un castello, sormontata dalla batteria, basso (la cui asta per la voce era ricoperta da uno scheletro umano) e chitarra; quest'ultima con la stessa decorazione scheletrica. Una scenografia rinforzata da luci spettrali e dai costumi della band: cuoio, punte d'acciaio, scheletri.
I Misfits presentano il loro nuovo tour: The Devil's rain. Il Columbia Club, luogo scelto per il live della band americana, è pieno; la platea copre età differenti: dai più giovani adolescenti aggrappati alle transenne di fronte-palco, sino ai più adulti: tra questi ultimi, spuntano creste e capelli colorati, quelle dei punk ancora fedeli alla linea. Con tutto rispetto, i Misfits hanno saputo conservare il loro pubblico e non lo hanno deluso. Dopo una buona ora e mezza di live, il bassista … si è dedicato a firmare numerosi autografi e a parlare con le persone che lo avevano circondato, impedendogli di tornare nei camerini.
Musica e intrattenimento, scevro di pause: il tempo di intervallo delle canzoni era costantemente scandito dal rapidissimo “one, two, three, four” e il “randello” di batteria partiva in battuta. Ogni brano era legato al seguente con una traccia spettrale. La grinta, mmm ‹ co ce l'hanno messa tutta, con passione. Il problema, come si sa, non viene purtroppo quasi mai a mancare: in questo caso si è trattato dei volumi.
L'indiscutibile scelta dei suoni, non pagava la pessima scelta di aggredire il pubblico con volumi assordanti; si incontrava tra la folla qualche fan con i tappi. Per mezz'ora il concerto era incomprensibile. Un impasto generale di suoni, disperso nei timpani vibranti di una folla esasperata. Scatenato il panico e il pogo, il concerto si è svolto come da copione: presentazione del nuovo disco, un po' di vecchi successi, il bis per strappare gli applausi al pubblico con i grandi successi. Sorrisi e canzoni, in un alone di pop-decadente che ha emozionato ma ha anche lo stesso spessore del cerone usato dai musicisti per fingersi “morti”. In poche parole, il genere è quello, classificato e definito, e ormai un po' da clichet, a tal punto che il gruppo spalla non ha saputo rappresentare la novità, la scuola dei Misfits; anzi, i Juicehead hanno preferito regredire in un punk-rock debole, senza idee, pieno di standard e di armonie sentite, con temi scadenti. Troppi tatuaggi e poca sostanza, troppa cresta e poca testa. Per quello che rappresenta il punk, come fenomeno musicale e come fattore sociale, non ci resta che sperare in una nuova generazione che punti a rinnovare la musica secondo invenzioni “punk”, piuttosto che schemi musicali assodati.
Questo per dire che i Misfits hanno fatto del loro meglio, nei tempi migliori: oggi restano un'icona intramontabile del genere, pur non riuscendo, con le nuove canzoni del tour, a esprimere freschezza e novità. Tuttavia nel live rimangono densi di magnetismo: questo li porta a conservare il loro successo. Peccato per quei volumi...


Concerto da vedere
3 su 5
Consigliato a
amanti del genere con sprazzi nostalgici;
appassionati di scenografia e costumi;
musicofili incalliti del live;

(Fruitman)